laboratorioRoma.it
Vai ai contenuti

processioni e via crucis

Tradizioni > curiosità
processioni e Via Crucis
Quando il poeta dialettale Giggi Zanazzo diceva che a Roma "ar tempo der papa c'ereno più precissione che preti", non diceva cose lontane dal vero. Basta verificare nelle cronache d'epoca: non c’era chiesa, oratorio o confraternita che nell’arco dell’anno non facesse una processione.  
Oltre a quelle maggiori che coinvolgevano tutta la città, erano importanti quelle per le solennità mariane, particolarmente sentite dalla gente del popolo che aveva venerazione per le diverse immagini della Madonna conservate nelle chiese e nelle edicole sacre, come pure numerose erano le processioni organizzate dalle varie confraternite in occasione della festa del santo patrono.  Per tutte queste occasioni era previsto un rigido cerimoniale che elencava in modo preciso sia l’abbigliamento sia le regole su chi dovesse avere la precedenza nella sfilata: del resto, per accaparrarsi le prime file si finiva spesso per azzuffarsi.  La processione più importante nella Roma dei Papi si svolgeva in occasione della festività del Corpus Domini. Partendo da San Pietro, attraversava le strade del rione Borgo e vi partecipava il pontefice, circondato da cardinali, prelati, clero e guardie svizzere. La processione creava spesso problemi di ordine pubblico alle autorità pontificie che istituì pene severissime sia per chi turbava sia preparativi, sia per coloro che disturbavano lo svolgimento della cerimonia: chi faceva "rumore, strepito, o sorte alcuna di violenza per tutto lo spatio della strada deputata per la Processione" rischiava anche la vita. Alle donne, anche "honestissime", era vietato affacciarsi in finestra sulle strade della cerimonia e avevano l’obbligo di partecipare alla processione, ad esclusione delle cortigiane, alle quali era invece vietata la partecipazione; coloro che incontravano la cerimonia, dovevano "smontare di cocchio o di cavallo" e parteciparvi.  
Era una delle rare occasioni in cui, nella Roma dei papi, le differenti classi sociali si trovavano fianco a fianco, anche se la popolazione perdeva spesso di vista le finalità religiose, cosa frequente in una città in cui le principali occasioni di festa erano rappresentate proprio dalle ricorrenze religiose. Nel 1702 il Vicario emanò allora un provvedimento affinché la processione fosse seguita con devozione e non degenerasse in oggetto di curiosità, fuochi d'artificio, colpi di fucile e sfarzo inutile. La celebrazione si era inoltre trasformata in una contrattazione fra i vari gruppi di dignitari che si contendevano onori e precedenze e, talvolta, come in tutte le altre processioni, poteva concludersi persino con omicidi, come ricordano il Belli e Zanazzo.
Sospesa nel 1870, la processione è stata ripristinata stabilmente e nel pieno della sua solennità nel 1979 e si svolge ogni anno il giovedì successivo alla celebrazione della SS. Trinità, da San Giovanni a Santa Maria Maggiore percorrendo Via Merulana.
Tra le processioni indette dalle corporazioni la principale era quella del 15 agosto, quando per la città sfilava l'immagine più antica del Cristo, quella custodita nel Sancta Sanctorum del Laterano.
Vi partecipavano tutte le associazioni di arti e mestieri, quasi un 1° maggio "ante litteram". Fu soppressa intorno alla metà del Cinquecento, a causa dei disordini che si verificavano, quando, sempre per questioni di precedenza nell'ordine di sfilata, scoppiò una rissa durante la quale fu sfregiata l'immagine sacra.
Oltre a quelle maggiori che coinvolgevano tutta la città, erano importanti quelle per le solennità mariane, particolarmente sentite dalla gente del popolo che aveva venerazione per le diverse immagini della Madonna conservate nelle chiese e nelle edicole sacre, come pure numerose erano le processioni organizzate dalle varie confraternite in occasione della festa del santo patrono.  Per tutte queste occasioni era previsto un rigido cerimoniale che elencava in modo preciso sia l’abbigliamento sia le regole su chi dovesse avere la precedenza nella sfilata: del resto, per accaparrarsi le prime file si finiva spesso per azzuffarsi. La processione più importante nella Roma dei Papi si svolgeva in occasione della festività del Corpus Domini. Partendo da San Pietro, attraversava le strade del rione Borgo e vi partecipava il pontefice, circondato da cardinali, prelati, clero e guardie svizzere.  La processione creava spesso problemi di ordine pubblico alle autorità pontificie che istituì pene severissime sia per chi turbava sia preparativi, sia per coloro che disturbavano lo svolgimento della cerimonia: chi faceva "rumore, strepito, o sorte alcuna di violenza per tutto lo spatio della strada deputata per la Processione" rischiava anche la vita. Alle donne, anche "honestissime", era vietato affacciarsi in finestra sulle strade della cerimonia e avevano l’obbligo di partecipare alla processione, ad esclusione delle cortigiane, alle quali era invece vietata la partecipazione; coloro che incontravano la cerimonia, dovevano "smontare di cocchio o di cavallo" e parteciparvi.  
Era una delle rare occasioni in cui, nella Roma dei papi, le differenti classi sociali si trovavano fianco a fianco, anche se la popolazione perdeva spesso di vista le finalità religiose, cosa frequente in una città in cui le principali occasioni di festa erano rappresentate proprio dalle ricorrenze religiose. Nel 1702 il Vicario emanò allora un provvedimento affinché la processione fosse seguita con devozione e non degenerasse in oggetto di curiosità, fuochi d'artificio, colpi di fucile e sfarzo inutile. La celebrazione si era inoltre trasformata in una contrattazione fra i vari gruppi di dignitari che si contendevano onori e precedenze e, talvolta, come in tutte le altre processioni, poteva concludersi persino con omicidi, come ricordano il Belli e Zanazzo.
Sospesa nel 1870, la processione è stata ripristinata stabilmente e nel pieno della sua solennità nel 1979 e si svolge ogni anno il giovedì successivo alla celebrazione della SS. Trinità, da San Giovanni a Santa Maria Maggiore percorrendo Via Merulana.
Il primato di spettacolarità spettava comunque ai riti della Settimana Santa, e fra questi alla Via Crucis al Colosseo. Alla fine del Quattrocento l'Arciconfraternita del Gonfalone ottenne da Innocenzo III il permesso di rappresentare al Colosseo la passione di Gesù.
La scena era allestita direttamente all'interno dell'anfiteatro Flavio, con un palcoscenico circolare sul quale erano riprodotti i luoghi della passione; spesso scene e fondali erano realizzati da grandi artisti, mentre l'atmosfera era assicurata da musiche e cori.  
Nel 1750, Benedetto XIV per celebrare l'Anno Santo, fece erigere 14 edicole con le stazioni tradizionali e fece piantare al centro una grande croce, meta di una processione che percorreva la via Sacra. Dopo il 1870, nella Roma capitale del Regno d'Italia, investita da un'ondata di laicismo, le edicole e la croce furono abbattute. Solo nel 1926, nell’ambito delle trattative della Conciliazione tra lo Stato e la Chiesa, la croce fu collocata di nuovo all'interno del Colosseo, anche se non al centro, com'era prima, bensì di lato, dove si trova ancora.
La tradizione del rito della Via Crucis al Colosseo è stata ripresa da Paolo VI nel 1964.
a Roma, a ttempo der papa, c’ereno ppiù pprecissione che ppreti.
Nun c’era chiesa, cappella, oratorio o confraternita, che ddrento l’anno nun facesse una precissione.
Speciarmente in dell’ottavario der Corpus Dommine che era la prima precissione che ddava la smossa.
Otto ggiorni prima de la precissione, li Mannatari a ddua a ddua armati de mazze (bordoni) e cco’ ddavanti uno o ddu’ tamburi,
ggiraveno pe’ ttutte le strade che otto giorni doppo aveveno da èsse ’bbattute da la precissione.
In queste se portava in giro er trónco, lo stennardo e ddiversi crocifissi.
Le gare pe’ pportà’ er trónco e lo stennardo fra fratelloni ereno cose serie!
Ce sgaggiàveno a ffasse vede’ da l’innammorate, si cco’ cche abbilità sapéveno maneggià’ er trónco!
C’ereno de quelli che pper avè’ ’st’onore pagàveno dieci, venti e insino a ttrenta piastre.
La sera poi doppo la precissione, s’annava a bbeve a’ ll’osteria, s’incominciava a quistionà’ su la faccenna der trónco,
e ppe’ ggelosia, finiva che cce scappava sempre l’ammazzato.
Io de ’ste bbaruffe finite cor morto, me n’aricordo de parecchie.
Giggi Zanazzo - Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma - 1908
© Sergio Natalizia - 2010
created by Web Expression X5 pro
Torna ai contenuti