Altre aree archeologiche
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Altre aree archeologiche
Ludus Magnus
Indirizzo: Via Labicana - rione Monti
Archeologia romana-caserma
Datazione: I secolo
Il Ludus Magnus si trova nella valletta tra il Colle Oppio ed il Celio. Tale area venne scavata nel 1937, in parte, e successivamente, nel 1960, quando si provvide anche alla definitiva sistemazione del complesso. Il Ludus Magnus fu costruito in funzione degli spettacoli che si tenevano nell'Anfiteatro Flavio (Colosseo). Al centro dell'impianto, che si sviluppava su due piani, era un arena in cui si esercitavano i gladiatori, circoscritta dalle gradinate di una piccola cavea, destinata a contenere un numero limitato di spettatori, che era inserita in un quadriportico su cui si aprivano una serie di ambienti riservati all'alloggio del gladiatori ed ai servizi per gli spettacoli. Per facilitare i collegamenti, i due edifici erano comunicanti tramite una galleria che, partendo dai sotterranei dell'Anfiteatro, raggiungeva il Ludus presso l'angolo sud-ovest. Il complesso è il risultato di più fasi edilizie: sono state rinvenute sotto il piano dell'arena una serie di strutture di epoca repubblicana ed augustea, mentre all'epoca di Domiziano si deve la costruzione del "Ludus" vero e proprio, cui seguirono tra il II ed il IV secolo varie ristrutturazioni. La vita del Ludus Magnus si concluse con quella dell'Anfiteatro Flavio.
Area archeologica del Vicus Caprarius
Indirizzo: Vicolo del Puttarello,25-Via di San Vincenzo,9 - rione Trevi
Archeologia romana - area archeologica
Datazione: I secolo
L'area del Vicus Caprarius è stata portati alla luce fra il 1999 ed il 2001 durante i lavori di ristrutturazione dell’ex Cinema Trevi. Il complesso edilizio di epoca neroniana è riferibile ad un caseggiato articolato in due edifici, che doveva estendersi su una superficie di oltre 2.000 metri quadri tra le odierne Via di S. Vincenzo (l’antico Vicus Caprarius) e Via del Lavatore. Un edificio, conservato ancora per un’altezza di circa 8 metri, era originariamente un’insula, un caseggiato destinato a residenza intensiva. Nel IV secolo fu trasformata in una domus, lussuosa residenza signorile, e quindi dotata di un apparato decorativo che doveva esaltare l’elevato status sociale del proprietario. I reperti esposti nell’antiquarium sono riferibili a questa fase. Il secondo edificio si articolava originariamente in due piani, per un’altezza complessiva di circa 11 metri e doveva svolgere inizialmente una funzione pubblica. A partire dall’età adrianea il complesso subì una profonda trasformazione: i due ambienti più vicini al Vicus Caprarius furono infatti trasformati nei vani comunicanti di un unico grande serbatoio idrico, con capacità di circa 150.000 litri, sfruttando la vicinanza all’Acquedotto Vergine. Successivamente si sovrapposero i resti di un notevole insediamento di età medievale: si tratta quasi certamente di abitazioni databili fra il XII ed il XIII secolo.
Area archeologica di via delle Botteghe Oscure
Indirizzo: Via Celsa, 3 - rione Pigna
Archeologia romana -area archeologica
Datazione: I secolo
Questa area archeologica fu messa in luce nel 1938 durante i lavori di ampliamento di via delle Botteghe Oscure. Le demolizioni, che prevedevano un consistente arretramento del fronte stradale variabile dagli 8 ai 12 metri circa, portarono alla scoperta del tempio, di Munucia. Nell’80 d.C., durante il regno di Tito, un terribile incendio devastò il Campo Marzio centro-meridionale e Domiziano, salito al trono l’anno successivo, restaurò e ricostruì i numerosi edifici sacri e pubblici danneggiati dal fuoco e ne edificò di nuovi, trasformando profondamente il tessuto urbanistico dell’area. Fu certamente interessato da questi interventi il quadriportico che circondava il grande tempio repubblicano, di cui rimangono solo alcuni tratti dei muri perimetrali sotto gli edifici moderni, mentre nell’area archeologica di via delle Botteghe Oscure sono visibili i resti del colonnato meridionale del tempio, di una fontana e di parte del lastricato della piazza.
Are sacra di S. Omobono
Indirizzo: Vico Jugario, 4 - rione Ripa
Archeologia romana - area archeologica
Datazione: VI secolo a.C.
L’area archeologica denominata Area Sacra di S. Omobono, posta nell’area del Foro Olitorio, fu scoperta negli anni 1936-1937 durante i lavori per l’apertura della via del Mare. Prende nome dalla omonima chiesa che sorge sopra le antiche strutture. L’importanza del ritrovamento è data dalla presenza del più antico esempio di tempio tuscanico a Roma, databile al VI secolo a.C.. Gli scavi hanno rivelato inoltre l’esistenza di un culto ancora più antico, collocabile tra la fine del VII egli inizi del VI secolo a.C., e tracce di frequentazione testimoniata da ceramica dell’Età del Bronzo (XVI-XII secolo a.C.), dell’Età del Ferro e da ceramica greca della prima metà dell’VIII secolo a.C. Il tempio era dedicato alla Mater Matuta, divinità protettrice della navigazione e legata alla zona del mercato sul fiume. Il tempio arcaico fu distrutto in seguito alla cacciata dei Tarquini da Roma alla fine del VI secolo a.C. Agli inizi del V secolo a.C. venne costruito un nuovo podio sui resti del tempio precedente, su cui vennero realizzati due templi accoppiati ma distinti, dedicati a Fortuna quello occidentale e a Mater Matuta quello orientale. Gli edifici sacri subirono varie ricostruzioni, alla fine del III secolo a.C., in età Adrianea e infine in età Severiana (inizi II-inizi III secolo d.C.). Nel VI secolo d.C. sui templi venne costruita una chiesa, poi ricostruita nel 1482 e dedicata dapprima a S. Salvatore in Porticu, e nel 1700 definitivamente ai SS. Omobono e Antonio.
Area archeologica del sepolcro degli Scipioni
Indirizzo: Via di Porta San Sebastiano,9 - rione Celio
Archeologia romana - area archeologica sepolcrale
Datazione: III secolo a.C.
L'area del Sepolcro degli Scipioni, scoperta già nel 1616 ma sistemata solo nel 1926-29, custodisce i sepolcri di molti esponenti di una delle più famose famiglie dell'antica Roma. La fronte principale, su cui apre l'ingresso, affacciava su una strada perpendicolare all'Appia ed era costituita da un prospetto monumentale poggiante su un alto basamento, che conserva resti di più strati di pitture; la facciata si addossava al banco di tufo nel cui interno vennero scavate sei gallerie, mentre lungo le pareti o entro nicchie vennero posti i sarcofagi, ricavati da un blocco di tufo o formati da lastroni. Le iscrizioni sul fronte delle tombe hanno consentito l'identificazione dei defunti e permesso di stabilire che le deposizioni iniziarono ai primi del III secolo a.C. con il sarcofago di Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.C., di Lucio Cornelio Scipione, figlio di Barbato e console nel 259 a.C., e di un figlio di Scipione Ispano. Per consentire altre deposizioni venne aperta, poco dopo il 150 a.C. un'altra galleria, che accoglie, tra gli altri, il sarcofago di Scipione Ispano, pretore nel 139 a.C.; su parte di questo secondo ipogeo venne edificata nel III secolo una casa in laterizio a tre piani, con resti di pavimento a mosaico e di decorazione pittorica. Nell'area isistono anche una catacomba cristiana e un colombario rettangolare (sec. I a.C.-I d.C.), le cui pareti e la cui copertura erano traforate da piccoli loculi per le urne dei defunti.
Area archeologica di villa Gordiani
Indirizzo: Via Prenestina, 351 - quartiere Collatino
Archeologia romana - villa
Datazione: III secolo
La cosiddetta Villa dei Gordiani prende il nome dalla famiglia imperiale del III secolo a cui generalmente si attribuisce la proprietà dell’intero complesso. Scavi eseguiti negli anni dal 1954 al 1960 dimostrarono che l’area era già stata occupata in epoca precedente all’età imperiale da una villa di età tardo repubblicana, comprendente una zona residenziale con atrio ed una rustica con magazzini e ambienti di servizio. Tali strutture possono essere il nucleo primitivo di tutto il complesso monumentale divenute in seguito parte della villa imperiale. Sul lato nord della via si trovano i resti più monumentali: il Mausoleo rotondo, degli inizi del IV secolo, l’adiacente basilica, sul tipo di quelle funerarie di età costantiniana, due cisterne e due grandi aule della metà del III secolo.
Nel Medioevo alcuni resti della villa furono fortificati; tra il XII e il XVII secolo le opere difensive furono trasformate in casali dalle varie famiglie romane proprietarie dei luoghi. Alla fine del 1800 l’area era divisa in due tenute proprietà dei principi Del Drago e Lancellotti. Tra il 1928 e il 1930 si formò la borgata Gordiani, eliminata completamente nel 1980.
Area archeologica ad Duos Lauros
Indirizzo: Via Casilina, 700 - quartiere Don Bosco
Archeologia romana-area archeologica
Datazione: III secolo
Il Comprensorio Ad duas lauros è costituito da una larga fascia di territorio non edificato che si estende dal Parco di Centocelle, sulla Casilina, fino a Villa Gordiani, sulla Prenestina, includendo le vie di Torpignattara, Acqua Bullicante e Tor de Schiavi, collegando da nord a sud il Parco dell’Aniene con il Parco dell’Appia e degli Acquedotti. Essendo solcato dal tracciato storico di due antiche consolari (la via Prenestina e la via Casilina) è sede di innumerevoli presenze archeologiche. Dal colombario di Largo Preneste, ai Mausolei di Sant’Elena e Tor de’ Schiavi. E poi il Torrione Prenestino, le villae rustiche tardo repubblicane, le ville imperiali dei Gordiani e di Costantino, il tracciato dell’Acquedotto Alessandrino, le Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro, quelle ebraiche (oggi inaccessibili) di Via Labicana e l’Ipogeo di Villa Cellere. Ma oltre paesaggio archeologico l’area presenta la coesistenza e compenetrazione di almeno altri sei paesaggi: ambientale, paesaggistico, storico, antropologico, artistico e infine spirituale. Una complessità di valori naturalistici e culturali (materiali e immateriali) che lo rende forse un’unicum nel territorio romano.
Area archeologica di Settecamini
Indirizzo: Via di Casal Bianco - zona Settecamini
Archeologia romana - area archeologica
Datazione: I secolo a.C.
Il toponimo Settecamini è relativamente recente (metà del 1800): in età medievale la località era chiamata “Campo dei Sette Fratelli” o “Forno dei Septe Fratri”, riferendosi alla leggenda di Santa Sinforosa e dei suoi sette figli. Su via di Casal Bianco, nell’area retrostante la chiesa dedicata a S. Francesco (XVIII secolo) sono visibili i resti di un tratto della Via Tiburtina Antica ed un piazzale entrambi basolati; lungo il lato meridionale della strada antica si andò sviluppando un complesso di strutture, che attualmente occupano il settore Sud-occidentale dell’area scavata. Il complesso è stato identificato come una stazione di posta: si riconoscono un portico aperto su un piazzale lastricato, ed un cortile a pianta rettangolare con pozzo centrale, nel quale si accede attraverso due ingressi collegati da un corridoio semicircolare. La tecnica edilizia utilizzata (opera reticolata) ed i mosaici pavimentati parzialmente conservati spingono ad una datazione iniziale alla tarda età repubblicana (I secolo a.C.), con continuità di frequentazioni certi almeno fino al V secolo.
Area archeologica di Gabii
Indirizzo: via Prenestina km 19,300 - zona San Vittorino
Archeologia romana- Area archeologica
Datazione: VII secolo a.C.
L’area archeologica di Gabii è localizzata al XII miglio della Via Prenestina antica, in origine denominata Gabina, sul ciglio meridionale del cratere di Castiglione, un corpo del complesso dei Colli Albani occupato sino alla fine del XIX secolo, epoca in cui fu prosciugato, da un lago di origine vulcanica noto come lago di Castiglione. L’antico centro di Gabii costituì un epicentro politico e culturale di fondamentale rilevanza nel Lazio di epoca pre-romana e in tale contesto i resti dell’antica città assumono di per se stessi un’ importanza che deriva dalla sacralità di questi luoghi strettamente connessi con la civiltà latina, al cui interno si colloca la nascita della stessa Roma.
Gabii costituisce inoltre uno dei più significativi ed importanti siti archeologici del territorio di Roma: dagli scavi svolti in passato è stato possibile rilevare come, al di sotto del terreno di campagna, siano ancora in gran parte conservate le principali strutture e gli edifici della antica città. Infatti successivamente all’abbandono del sito, alla metà dell’XI secolo, l’area non è stata più oggetto di interventi costruttivi e di trasformazione, che in altre aree hanno irrimediabilmente cancellato le tracce delle frequentazioni passate.
Area archeologica di Veio
Indirizzo: Via Riserva Campetti - località Isola Farnese
Archeologia romana - area archeologica
Datazione: IX secolo a.C.
L’antica città etrusca di Veio sorgeva su un altopiano di forma triangolare, lambito da due fiumi, il Fosso della Mola e il Cremera, affluente del Tevere. Nuclei abitativi costituiti da capanne sono presenti sul pianoro già nell’età del Bronzo e in epoca villanoviana (inizi IX secolo a.C.). In seguito al crescente sviluppo economico, dovuto al controllo del basso corso del Tevere e allo sfruttamento delle saline sulla riva destra del fiume, la città si trasforma da un abitato di capanne a un centro urbano con una cinta muraria costituita da blocchi di tufo e con case costruite in muratura (VII-VI ecolo a.C.). La vicinanza con Roma portò Veio ad un inevitabile scontro per il controllo del territorio, concluso con la conquista definitiva della città da parte di Furio Camillo nel 396 a.C. Il territorio fu quindi annesso allo stato romano, ed organizzato con una serie di piccole fattorie e ville rustiche. Sotto Cesare fu creata una colonia, trasformata da Augusto in municipio con imponenti edifici. In seguito però il territorio veiente fu nuovamente abbandonato fino all’epoca medievale, quando nascerà il borgo di Isola Farnese. Intorno alla città si trovano numerose necropoli, con tombe a tumulo e a camera che hanno restituito importanti corredi funerari; tra queste vanno ricordate la tomba delle Anatre, che costituisce la più antica tomba etrusca con pitture parietali (secondo quarto VII secolo a.C.) e la tomba Campana (fine VII secolo a.C.), decorata con animali e motivi vegetali e con figure di cavalieri accompagnati da personaggi a piedi o animali fantastici. Immediatamente fuori della città sorgeva il santuario di Portonaccio, dedicato alla dea Minerva. tra i più antichi e venerati di tutta l’Etruria.