il candelabro d'oro
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il candelabro d'oro scomparso
Nel corso dei numerosi saccheggi subiti, Roma fu spogliata di molti suoi tesori. Molto spesso statue ed oggetti preziosi depredati venivano caricati su imbarcazioni sul Tevere e una volta trasportati alla foce, trasferiti su navi che li avrebbero portati alla destinazione decisa dai saccheggiatori di turno. A volte, alcune imbarcazioni, forse perché riempite all’inverosimile, si rovesciavano nelle acque del Tevere, consegnando al fondo del fiume il loro contenuto, che solo in parte è stato riportato alla luce nel corso dei secoli. Una leggenda vuole che anche il famoso candelabro d’oro a sette bracci del Tempio di Gerusalemme, portato a Roma da Tito, giaccia sommerso nei pressi di Ponte Rotto; la scena del trionfo di Tito è peraltro narrata in una scultura all’interno dell’arco dedicato all’imperatore nei Fori. Nel passato non mancarono i tentativi di recuperare il prezioso reperto, nei quali molti dilapidarono piccole fortune, come ricorda il Belli in un suo sonetto del 1830, dove allude ai vani tentativi fatti da alcuni personaggi, che si erano addirittura riuniti in una Società per Azioni nell’intento di recuperare il candelabro d’oro.
Sto cornacopio su le spalle a cquello
che vviè appresso a cquell’antro che vva avanti,
c’ha ssei bbracci ppiú longhi, e ttutti quanti
tiengheno immezzo un braccio mezzanello;
quello è er gran Cannelabbro de Sdraello,
che Mmosè ffrabbicò cco ttanti e ttanti
idoli d’oro che ssu ddu’ lionfanti
se portò vvia da Eggitto cor fratello.
Mó nnun c’è ppiú sto Cannelabbro ar monno.
Per èsse, sc’è; ma nu lo gode un cane,
perché sta ggiù in ner fiume a ffonno a ffonno.
Lo vôi sapé lo vôi dov’arimane?
Viscino a pponte-rotto; e ssi lo vonno,
che vviè appresso a cquell’antro che vva avanti,
c’ha ssei bbracci ppiú longhi, e ttutti quanti
tiengheno immezzo un braccio mezzanello;
quello è er gran Cannelabbro de Sdraello,
che Mmosè ffrabbicò cco ttanti e ttanti
idoli d’oro che ssu ddu’ lionfanti
se portò vvia da Eggitto cor fratello.
Mó nnun c’è ppiú sto Cannelabbro ar monno.
Per èsse, sc’è; ma nu lo gode un cane,
perché sta ggiù in ner fiume a ffonno a ffonno.
Lo vôi sapé lo vôi dov’arimane?
Viscino a pponte-rotto; e ssi lo vonno,
se tira sú pper un tozzo de pane.
Arco di Tito - particolare del Trionfo di Tito
© Sergio Natalizia - 2012