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così si dice a Roma

Tradizioni > così si dice a Roma
Così si dice a Roma
Nato come linguaggio popolare, basato sulla tradizione orale, il romanesco assunse con il passare del tempo una sua specifica fisionomia. Amato e odiato, il dialetto romano si caratterizza per le sue forme, espressioni colorite, schiette e spesso molto divertenti, tali da divenire di uso corrente anche in altre realtà territoriali. Infatti si distingue in modo particolare per la spontaneità e la schiettezza nel rappresentare le cose, costituendo in tal modo un tesoro di lingua viva, espressione della saggezza di un popolo, pur mettendone in risalto pregi e difetti, qualità e limiti.
Proverbi e modi di dire che quindi risultano voce di un popolo dal carattere difficile, a volte riottoso e svelto di mano, ma sempre spontaneo e sincero, generoso e leale anche se di frequente si dimostra indifferente, amante dell'ozio e della presa in giro. Si tratta d'altronde di un temperamento derivante dalla convivenza, nel corso dei secoli,  con la tirannia di un certo clero più dedito alla gestione del potere che alla cura delle anime. Il carattere dei romani è però anche eredità dei loro progenitori  da cui avrebbero tratto il senso pratico, il coraggio, l'alterezza e la generosità. Il romano non sopporta soprusi, non serba rancore e non prova invidia ed è sempre pronto a mostrarsi fedele verso gli amici sinceri.
Qui proponiamo una selezione di proverbi e modi di dire romaneschi cercando di cogliere i più significativi, incisivi e anche i più divertenti.
Situazioni

a ciccio de sellero

Cosa capitata al momento giusto:  il sellero (sedano) era un ortaggio abbastanza raro alla fine del cinquecento e veniva considerato un'autentica primizia

a dilla papale papale

Parlare senza peli sulla lingua, dimostrando autorità

agguantà cor sorcio in bocca

Cogliere qualcuno sul fatto

avecce le fregne, le madonne, le paturnie, le buggere

Essere nervosi a causa di qualcosa di negativo già occorso e che rende molto suscettibili e scontrosi

batte cassa

Testualmente chieder soldi, ma è usata per chi pretende la ragione , pur sapendo di aver torto

consolasse coll'ajetto

Cercare di consolarsi, dopo una delusione, con soluzioni di poco conto, come ricorrere a curarsi dalle malattie con l'aglio

de li du' litiganti er terzo gode

Fra due litiganti il terzo gode

e mo come te metti?

Viene detto a chi l'ha combinata grossa e si trova in uno stato di imbarazzo

fa' come l'antichi

E' un'espressione di cui solitamente si usa solo la prima metà, essendo per esteso: fa' come  l'antichi, che magnaveno la còccia e buttaveno li fichi. Stando a questo detto, gli antichi erano soliti mangiare la buccia (o còccia, in romanesco), gettando via la parte più pregiata del frutto. Viene sempre riferita a chi fa le cose in modo strampalato o controproducente

morisse de pizzichi

Annnoiarsi mortalmente

pijà d'aceto, pijà cicoria

Andare in collera a seguito di osservazioni o rimproveri ritenuti ingiusti

restà come l'aretino Pietro

L'espressione per esteso è "restà come l'aretino Pietro: co 'na mano davanti e n'antra de dietro" ma in  genere, dell'espressione si usa solo la prima metà, essendo il seguito fin troppo noto. Vuole indicare una situazione, in cui il soggetto a cui è riferita si ritrova preso tra due fuochi, o subisce danno in tutti i casi, sia che le cose vadano in un certo modo che nel modo opposto

sbatte le brocchette, le gnacchere

Avere freddo al punto di sbattere le ginocchia

Modi di fare

a li tempi de Checco e Nina

Come ai tempi in cui si faceva tutto alla buona, senza pericoli nascosti

annà da Erode a Pilato
Andare da un punto all'altro o da  persone diverse, senza concludere nulla di positivo
annà pe le fratte

Andare verso una situazione pericolosa

buttasse co le mano avanti pe nun cascà de dietro

Cercare di evitare un evento non gradito

cercà rogna

Andare in cerca di lite

chi magna da solo se strozza

Invito a dividere

chi nun mostra, nun venne

Invito a far vedere di cosa si è capaci

dissene un sacco e na sporta

Scambiarsi insulti senza misura

nun bisogna fermasse alla prima osteria

Non ci si deve scoraggiare al primo tentativo non riuscito

pagà a la romana

Ognuno deve pagare la propria quota

passà p'er vicolo der Vantaggio

Abbandonare  i metodi corretti e darsi da fare con ogni mezzo per ottenere un utile immediato

passà ponte

Prendere una decisione, senza la possibilità di tornare indietro

predicà la fede in ghetto

Fare una fatica inutile

va cercanno Maria pe' Roma  

Vuol dire cercare un ago in un pagliaio, ossia compiere una ricerca inutile e pertanto perdere tempo

Modi di essere

brontolà come na pila de facioli

Lamentarsi di qualcosa in continuazione

chi è bella se vede, chi è bona se sa

La bellezza è evidente, la bontà non si sa

camminà coll'ojo santo in saccoccia

Essere prudenti in ogni cosa che si fa

esse de coccio

Modo di dire che indica una persona dura di comprendonio oppure ostinata in modo eccessivo

esse culo e camicia

Detto di due persone che vanno sempre di buon accordo

esse er fijo dell'oca bianca

Avere particolari privilegi rispetto a chi non ne ha

esse preso p'er culo

Essere preso in giro

esse er sordo der compare
er sordo che nun sente a prima voce, se vede che er discorso nun je piace

Sentire solo le cose che fanno comodo

lassa fa se fece arrubbà ‘a moje

Ad essere troppo remissivi, alla fine ci si perde sempre

le donne cianno er pianto in saccoccia

Le donne hanno sempre il modo di convincere

nun avè ne arte né parte

Non essere capace , non saper far niente

Amore e matrimonio

abbità ar vicolo der bovo

Abitare in vicolo del bove, come dire essere cornuti

annà in brodo de giuggiole

Non capire più nulla per la contentezza

bellezza nun trova porte chiuse

Le belle donne trovano sempre le porte aperte

chi cià le corna è l'urtimo a sapello

Chi è cornuto, è sempre l'ultimo a sapere del tradimento

chi vò la fija, accarezzi la mamma

Chi vuole conquistare una ragazza, si faccia amica la mamma

donna de quarant'anni buttela a fiume co' tutti li panni

Le donne dopo i quaranta anni iniziano a dare complicazioni

èsse come la sóra Camilla

Il modo di dire per esteso è: èsse come la sóra Camilla, che tutti la vònno e nisuno se la piglia (cioè "essere come la signora Camilla, che tutti vogliono ma che nessuno si prende") Questo motto si basa su un fatto storico: donna Camilla, sorella di Felice Peretti cioè  Sisto V, ebbe diversi pretendenti, ma alla fine entrò in convento. Di qui l'espressione, che ironizza sulla vicenda, e che per traslato viene usata anche in altri contesti: per esempio, a chi riceve diverse proposte di lavoro ma non viene mai assunto

èsse cornuto e mazziato

Portare le corna ed esserne pure canzonato

l'amore nun è bello si nun è stuzzicarello

In amore qualche litigata ogni tanto ci vuole

la donna è come la castagna: bella de fora e drento la magagna

Attenzione alle belle donne, a volte riservano brutte sorprese

pianto de donna bella, trova subbito chi l'asciuga

Le belle donne fanno presto a riconsolarsi dopo una delusione o un dispiacere

restà a fa la carzetta a S. Anna

Rimanere zitella  

si te preme er patrimonio lassa perde er matrimonio

Quando sono le mogli ad avere la cassa di casa

Amici e parenti

amichi e parenti, so' gran tormenti

Come dire che le più grandi preoccupazioni le portano gli amici ed i parenti

amico beneficato, nemico dichiarato

A prestar denaro all'amico ci si rimettono l'amico e i quattrini

amico certo, se riconosce in de l'incerto

Il vero amico si riconosce nei momenti difficili

chi nun vo' bene campa male

Chi non è capace di voler bene resta solo

chi te fa più de mamma, o te finge o t'inganna

Chi ti tratta meglio di tua madre, o finge o ti vuole fregare

chi te loda in faccia, te dice male dedietro a le spalle

Chi ti loda apertamente ti dice male dietro alle spalle

è mejo esse invidiati che compatiti

Attenzione agli atteggiamenti ipocriti

l'amico bottegaro te fa er prezzo sempre più caro  

Non sempre si fanno buoni affari con gli amici

li fatti de la pila li sa er coperchio

Ognuno sa i fatti di casa propria

ognuno è papa drento casa sua

Ognuno comanda in casa propria

promesse e parenti fanno li vermi

Promesse e parenti, presto o tardi, diventano un fastidio

si fai come er prete che pensi a te solo, gnisuno troverai che t'ami

Non bisogna pensare solo a se stessi altrimenti prima o poi si rimane soli

si la socera la vò allesso, la nora la vò arosto

Quasi mai suocera e nuora vanno d'accordo

Filosofia di vita

a quattro cose nun portate fede: sole d’inverno, nuvole d’estate, pianto de donna, carità de frate  

Non bisogna mai fidarsi delle cose che non durano

a Roma pe' fa fortuna ce vonno tre d, donne, denari e diavolo che te porti

Le chiavi per arrivare al successo

cent'anni de pianti, nun pagheno un sordo de debiti

E' inutile lamentarsi sempre, è meglio agire subito

chi mena pe' primo mena du' vorte

La miglior difesa è sempre l'attacco

chi nun suda da giovine, digiuna da vecchio

Chi fatica in gioventù, gode in vecchiaia

d’una bella scarpa ce resta sempre una bella ciavatta

Anche le belle donne prima o poi invecchiano

fra Modesto nun fu mai Priore

L'eccessiva modestia alla fine penalizza sempre

Ignuno pensi a li fattacci sua

Non bisogna impicciarsi degli affari degli altri

l'ora de oggi, nun è quella de domani

Bisogna  affrontare i problemi subito e non rimandarne la soluzione al domani

nun me dite er vero che me s’addrizza er pelo

Quando la verità fa male, è preferibile non conoscerla

se magna pè campà, no' pe' crepà

Non si può sempre rinunciare alle cose che piacciono

voja de lavorà sarteme addosso

E' il rimprovero per gli oziosi e i nullafacenti, cui segue spesso "e tu pigrizzia nu' m'abbandonà e famme lavorà meno che posso"

Affari e denari

a Roma Iddio nun è trino, ma quattrino

Come dire che il dio che conta di più a Roma non è la SS. Trinità ma il denaro

a sapè fa la scena, quarche cosa se ruspa

A fingere di saperci fare, qualcosa si guadagna di sicuro

affari de cipolla e bieta

Affari che non portano nessun tornaconto

co sti chiari de luna

Riferito ad un periodo di ristrettezze economiche

li guadagni de Maria Cazzetta

Maria Cazzetta è un personaggio ipotetico, il cui nome dispregiativo è un evidente segno di scherno: l'espressione viene usata per bollare un affare solo in apparenza vantaggioso, ma che in realtà non lo è affatto

li quatrini so’ come i dolori: chi ce l’ha se li tiè

Nessun ricco è mai troppo generoso

nun c'è sta trippa pe' gatti

Espressione che equivale a "non c'è niente da dare". Il modo di dire risale ai primi del '900, allorché il sindaco Nathan cancellò dal bilancio del Comune l'acquisto di trippa destinata a sfamare i gatti, utilizzati tenere lontani i topi dal Campidoglio. A fronte dei scarsi risultati del provvedimento, la spesa venne annullata e sul libro del Bilancio Comunale venne scritto: "Non c'è trippa per gatti"

quanno le saccocce piagneno, le scarpe rideno

Quando non si hanno soldi, si portano scarpe bucate

quello che viè cor finfirinfì, se ne va cor fanfaranfà

Tutto ciò che si guadagna in poco tempo e senza fatica, se ne va altrettanto velocemente

Regalà è morto e Donato sta ppe' morì

Regalato è morto e Donato sta per morire ovvero, nessuno ti regala nulla, se vuoi qualcosa devi guadagnartela

ricchezza e carità so du' persone

Il ricco difficilmente è caritatevole

tre pigne e 'na tenaja

Espressione che equivale ad essere tirchi, persona cui rimane difficile far sborsare denaro

Potenti ed oppressi

ar monno c'è sta sempre chi magna l'osso e chi la porpa  

Esistono sempre disparità tra le persone

chi amministra, amminestra

Chi ha il potere, dispone le cose come meglio crede

chi cià quatrini nun va mai carcerato

Chi ha denaro non va mai in carcere

chi cià è, chi nun cià, nun è

Chi ha disponibilità conta molto, chi non ha conta poco

chi s'inchina troppo, mette in mostra er culo

Chi accetta tutti i compromessi, prima o poi perde la faccia

Cristo nun paga er sabbito, ma la domenica nun j'avanza gnente gnisuno

Nostro Signore, prima o poi, regola i conti con tutti

in sta valle de lagrime, quarcuno ce piagne bene

Anche nelle situazioni difficili, c'è qualcuno che se la passa bene

l'inferno è stato inventato p'er poveromo
li diavoli che nun se trovano all'inferno, stanno a Roma

Per i poveracci spesso la vita di tutti i giorni è un'inferno

la luna nun abbada all'abbaji der cane
li confetti nun sò pe' li somari
li raji der somaro nun ariveno in celo

Se non sei nessuno, nessuno ti ascolta

li parenti der papa, diventeno presto cardinali

Chi ha appoggi in alto, è più facile che faccia carriera

quanno er diavolo te lecca, è segno che vò l'anima

Il potere è come il diavolo, quando adula qualcuno vuole qualcosa in cambio

tutti nun potemo diventà papa

Per comandare c'è chi è predestinato e chi no

Clero e papato

beata quella casa che cià la chirca rasa
chi a Roma vò godè s’ha da fa frate

Chi si vuole divertire a Roma deve farsi prete; i due proverbi evidenziano la convinzione di quanti pensavano che a Roma il clero non avesse le preoccupazioni della povera gente

chi vò imparà a magnà, dalli preti bisogna che va

Si dice che preti e rappresentanti del clero siano dei buon gustai

c'è chi è tutto de Cristo for che l'anima

C'è chi in apparenza è devoto ma non lo è nella pratica

er mejo posto è sempre quello del prete

La migliore professione è sempre quella del prete

er papa dice ar popolo "digiuna" perchè lui ce l'ha la panza piena
piove o nun piove, er papa magna  

Il papa non soffre mai la fame

er papa quanno cià bisogno de quatrini, popola er celo

Il papa quando ha bisogno di denaro, nomina nuovi santi

fa quer che prete dice e non quer che er prete fa

Il clero spesso non è esempio di virtù

la corte romana nun vo' pecore senza lana

Relativo alla cupidigia di un certo clero

Roma è 'na città devota: 'gni strada un convento, 'gni casa 'na mignotta

Il detto corrisponde al fatto che nella seconda metà del XVI secolo Roma  aveva circa 60.000 abitanti. Di essi, circa 20.000 facevano parte del clero e le prostitute censite erano circa 7.000. La ragione di una così alta densità di queste professioniste nella città dei papi stava nel fatto che Roma era piena di celibi, di uomini in attesa di essere avviati alla carriera ecclesiastica: le "donne di piacere" trovavano qui grande mercato e affluivano da ogni parte d'Europa, attirate dal lusso e dal denaro che scorreva copioso in alcuni ambienti della società romana

Roma veduta, religione perduta

Chi sta lontano da Roma, sta più vicino a Dio

Quanno a Roma ce s'è posto er piede, resta la rabbia e se ne va la fede

I comportamenti di certa parte del clero spesso allontanano dalla fede

Sta scritto su la porta der curato: chi s'empiccia mor'ammazzato

Non bisognava mai impicciarsi degli affari dei preti, per non rischiare di fare una brutta fine

Così è la vita

annà all'arberi pizzuti
annà a fa' terra pe ceci
annà a ingrossà le cucuzze
stirà le cianche
annàssene all'antri carzoni

Se il romanesco si preoccupa di non menzionare la malattia, figuriamoci quando è l'ora di fare i conti con la commare secca (ovvero la morte): le perifrasi sono ancora più numerose e variopinte Fra quelle usate ancora oggi c'è "l'andare agli alberi pizzuti" cioè "ai cipressi" (albero notoriamente cimiteriale). Ma anche "l'andare a far terra per i ceci", o a far a concime alle zucche testimonia come persino di fronte agli eventi più ineluttabili il  romano non rinuncia mai ad assumere una posizione distaccata e beffarda. E l'espressione "stirà (cioè distendere) le cianche (gambe)" ne è un ulteriore esempio. Il quinto modo di dire, divenuto abbastanza infrequente, si trova nei testi di Giggi Zanazzo, e probabilmente si riferisce all'uso di vestire la salma col "vestito bbòno", quindi anche con un paio di calzoni che in vita non indossava spesso

anni e bicchier de vino nun se conteno mai

In vecchiaia bisogna sapersi accontentare e consolare

chi cià la moje bella sempre canta, chi cià pochi quatrini sempre conta  

Diversi destini

chi more giace, chi vive se dà pace

Dopo un lutto ci si deve consolare presto

doppo li quaranta, nun se fischia e nun se canta: doppo la cinquantina, un malanno ogni matina

Con l'avanzare degli anni, si manifestano gli "acciacchi" con sempre maggiore frequenza

er demonio nun 'è poi brutto quanto se dipigne

Non tutto il male viene sempre per nuocere

in gioventù ar casino, in vecchiaia Cristo e vino

Da giovani si pensa a far baldoria, in vecchiaia ci si riavvicina alla religione e ci si consola con il vino

l'urtima che more è la speranza

Mai dire mai, bisogna sperare fino all'ultimo

morto 'n papa se ne un antro

Nessuno è indispensabile e a tutto c'e rimedio

e bonanotte ar secchio
avemo chiuso le messe a S. Gregorio

Essere giunti a conclusione

settembre 2011
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