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Giordano Bruno

Racconti > personaggi
Giordano Bruno, l'eretico del libero pensiero
Fece la fine de l'abbacchio ar forno
perché credeva ar libbero pensiero,
perché si un prete je diceva: - E' vero -
lui risponneva: - Nun è vero un corno! -
Co' quel'idee, s'intenne, l'abbruciorno,
pe' via ch'er Papa, allora, era severo,
mannava le scommuniche davero
e er boja stava all'ordine der giorno.
Adesso so' antri tempi! Co' l'affare
ch'er libbero pensiero sta a cavallo
nessuno pô fa' più quer che je pare.
In oggi, co' lo spirito moderno,
se a un Papa je criccasse d'abbruciallo
pijerebbe l'accordi còr Governo
Giordano Bruno
ritratto di artista sconosciuto scuola italiana
Monumento a Giordano Bruno
a Campo de Fiori
Così Trilussa ricorda la vicenda di Giordano Bruno in un sonetto del 1909; una storia controversa al centro delle dispute tra anticlericali e difensori dell'ortodossia cattolica. Dispute cui pose termine Papa Giovanni Paolo II In occasione del Giubileo del 2000, quando volle chiedere perdono per i misfatti storici della Chiesa, scrivendo che la morte di Bruno “costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo rammarico” e un “triste episodio della storia cristiana moderna”, anche se “il cammino del suo pensiero lo condusse a scelte intellettuali che progressivamente si rivelarono, su alcuni punti decisivi, incompatibili con la dottrina cristiana”.
Nato a Nola nel 1548, come Filippo della famiglia dei Bruni, assunse il nome di Giordano entrando a 17 anni nel convento di  San Domenico a Napoli. Alcuni suoi dubbi sul credo religioso, uniti alla satira contro l’ignoranza, i vizi e le licenziosità di certi ambienti religiosi del suo tempo, gli procurarono ben presto l’ostilità di alcuni confratelli e, sospettato di eresia, nel 1576 dovette rifugiarsi a Roma,dove chiese ospitalità al convento domenicano di S. Maria sopra Minerva. Roma però non è più un grande centro culturale; infatti, dopo la fine del Concilio di Trento, Roma è diventata il centro della controriforma. Pertanto Bruno capisce che non può trovare in questa città quella libertà di espressione che desidera e, deposto l'abito ecclesiastico, iniziò a peregrinare in Italia di città in città; poi iniziò, come molti altri intellettuali italiani perseguitati per le loro idee, a girovagare per l’Europa, sperando di trovare il posto giusto in cui potersi esprimere liberamente. Nel 1579 fu a Ginevra, dove per alcuni mesi abbracciò il calvinismo, a Tolosa, Lione e Parigi, ma poi, avendo attaccato pubblicamente la filosofia aristotelica, dovette trasferirsi in Inghilterra. Qui si fermò, tra il 1583 e il 1585, e per alcuni mesi insegnò filosofia a Londra ed Oxford. Dopo un nuovo breve soggiorno a Parigi, passò nel 1586 in Germania fino al 1591, quando accogliendo l'invito di Giovanni Mocenigo, interessato all’arte della memoria e alle discipline magiche, si trasferì a Padova fino al 1598. Si recò quindi a Venezia, ma, all’inizio del 1592, chiese al Mocenigo il permesso di ritornare a Francoforte per la stampa di alcune opere. Il permesso gli viene però negato e anzi, Giovanni Mocenigo, forse insoddisfatto nelle sue aspettative e contrariato dal carattere indipendente del filosofo, lo denunciò all’Inquisizione Veneta con l’accusa di affermazioni sospette di eresia. Arrestato dall'Inquisizione fu condotto in carcere per essere processato non solo come eretico, ma anche apostata della religione cattolica e spergiuro per aver violato i voti monastici. Il filosofo si difese dalle accuse spiegando ai giudici che ragionare in termini filosofici non significava essere eretici e si rese disponibile a fare ammenda, ma, trasferito al Tribunale dell'Inquisizione di Roma, fu sottoposto a nuovo processo. A Roma, per sette anni è interrogato e anche sottoposto a tortura nel tentativo di fargli “mutar parere”, ma non cedette agli inquisitori romani, diversamente da come aveva fatto a Venezia dove aveva mostrato la volontà di riconoscere i propri errori e di abiurare. Gli fu richiesto più volte di convertirsi, ma rimanendo fermo sulle sue convinzioni filosofiche rifiutò sempre di ritrattare sfidando alla discussione sui suoi principi qualsiasi teologo. Bruno ai suoi interlocutori risponde che “non deve, né vuole pentirsi, non ha di che pentirsi, non ha materia di pentimento, non sa di che cosa si debba pentire”. Essendo risultati vani i tentativi per indurlo alla confessione, fu dichiarato “eretico impenitente, pertinace e ostinato”, scomunicato e condannato al rogo; Bruno attacca i giudici dicendo loro: ”voi che immolate nel nome di Dio delle misericordie, voi certo trepidate nelle vostre coscienze nel pronunciare la mia condanna più che si scota il mio spirito nell’ascoltarla”. All’alba del 17 febbraio 1600 gli viene messa la “mordacchia”, una sorta di museruola in modo che non possa parlare, è condotto nella Piazza Campo de’ Fiori, spogliato nudo e legato ad un palo posto sopra una catasta di legna sulla quale viene arso vivo mentre la Confraternita di S. Giovanni decollato canta le litanie. Dal giugno 1889 in Campo de’ Fiori un monumento ricorda la memoria di Giordano Bruno, considerato uno dei padri della filosofia moderna, simbolo della libertà di pensiero.
© Sergio Natalizia - 2013
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