laboratorioRoma.it
Vai ai contenuti

Area del Foro Boario

Vetrina > Aree archeologiche
Area archeologica del Foro Boario
Indirizzo: Via Luigi Petroselli-via di Ponte Rotto-piazza Bocca della Verità-via del Velabro - rione Ripa
Archeologia romana - area archeologica
Datazione: dal VI secolo a.C. al III secolo
Scheda
Il Foro Boario era la zona destinata al mercato del bestiame, compresa tra il Tevere, il Campidoglio, il Palatino e l’Aventino. L’area, occupata in epoca antica dalla palude del Velabro, fu bonificata dai re etruschi (VI sec. a.C.) con la costruzione della Cloaca Maxima di cui sono ancora visibili i resti delle arcate. A Servio Tullio, sempre nel VI sec. a.C., si fa risalire l’impianto del porto Tiberino, che si estendeva dove oggi si trovano gli uffici dell’anagrafe. Ad epoca repubblicana risalgono i due templi verso il Tevere: quello dedicato alla divinità fluviale di Portunus, e quello, dedicato ad Ercole Vincitore. In età imperiale vennero effettuate una serie di imponenti opere come i magazzini presso il porto fluviale di età Traianea, l’arco degli Argentari, in età Severiana e quello di Giano, o quadrifronte, imponente costruzione probabilmente del tempo di Costanzo II (IV secolo)).

Cloaca Massima
Fin dalla fondazione di Roma, le acque sorgive e piovane, originate dai colli e dalle sorgenti naturali posti sulla riva sinistra del Tevere, venivano incanalate attraverso ruscelli spontanei che convogliavano poi verso il fiume. L’esistenza di questi torrenti determinava però numerosi impedimenti allo sviluppo della città, come l’impaludamento del fondo delle valli attraversate. Fu con l’obiettivo di risanare l’area del foro che Tarquinio il Superbo decise di realizzare la Cloaca Maxima attraverso la canalizzazione di un corso di acque di scolo che dal Foro Romano si dirigeva verso il "vicus Tuscus",seguiva un percorso serpeggiante attraverso il Velabro, il Foro Boario e, dopo aver disegnato un'ampia curva, per andare a sboccare nel Tevere all'altezza di Ponte Emilio.

Tempio di Portuno o della Fortuna Virile
Rappresenta uno degli edifici meglio conservati dell'Antica Roma. Il tempio era dedicato a Portunus, dio degli accessi fluviali, protettore di questa parte del Foro Boario destinata ai commerci.
La costruzione è riferibile, nella sua fase iniziale, al IV o al III secolo a.C, anche se venne probabilmente restaurata dopo il 70 a.C.. Il tempio era inserito in un'ambientazione scenografica della quale erano parte integrante sia il tempio dedicato ad Ercole, sia i vicini templi repubblicani di San Nicola in Carcere. Nel IX secolo le strutture del tempio di Portunus vennero mutate in chiesa cristiana, prima intitolata a Santa Maria "Secundicerii", quindi a Santa Maria Egiziaca patrona delle prostitute. Nel 1916 la chiesa, dove sono conservati resti di affreschi del VIII-IX secolo sulle storie di Maria descritte dai vangeli apocrifi. venne eliminata per ripristinare l'antico aspetto del tempio.

Tempio di Ercole Vincitore al Foro Boario
Erroneamente detto di Vesta nel rinascimento, il tempio era dedicato ad Ercole Vincitore, protettore dei commercianti italici che svolgevano le loro attività nel vicino Foro Boario. Costruito verso la fine del II secolo a.C., è il più antico tempio in marmo conservato a Roma. L’edificio subì un restauro sotto Tiberio,ma nel XII secolo fu trasformato nella chiesa di Santo Stefano delle Carrozze, e dalla metà del XVI secolo, prima dell’abbandono, fu dedicato a S. Maria del Sole a causa di un’immagine miracolosa della Madonna ritrovata nel Tevere. All’interno si conserva ancora un affresco della fine del XV secolo raffigurante la Madonna col Bambino e Santi.

Bocca della Verità
Il grande mascherone, probabilmente un antico chiusino, fu murato sotto il portico della chiesa di Santa Maria in Cosmedin nel 1632. Realizzato in marmo pavonazzetto, raffigurata una divinità fluviale barbata con occhi, naso e bocca forati e cavi per fare defluire l’acqua. La Bocca della Verità è cara alla tradizione popolare per la nota credenza che i bugiardi che vi introducono la mano ne escono monchi.

Arco degli Argentari
L’arco, addossato alla Chiesa di San Giorgio al Velabro, fu eretto nel 204 d.C. dalla corporazione degli “argentari” ovvero banchieri cambiavalute e dai mercanti di buoi in onore dell’imperatore Settimio Severo e della sua famiglia. L’arco è composto da due pilastri rivestiti di marmo che sostengono l'architrave, riportante un’iscrizione. Ai lati dell’iscrizione due rilievi raffigurano Ercole, a sinistra, e un Genio, a destra, divinità protettrici del foro Boario. I lati interni dei pilastri presentano figure a rilievo.

Arco di Giano
L'arco, risalente al IV secolo d.C., detto erroneamente di Giano, è da identificarsi con l’antico Arcus Costantini. Si tratta di un arco quadrifronte (con quattro passaggi) costituito da quattro pilastri sulle cui facciate esterne sono presenti delle nicchie che accoglievano statue. Al centro delle arcate esterne sono raffigurate Minerva e Cerere in piedi e Roma e Giunone sedute. Frammenti di una iscrizione poco leggibile, provenienti dalla sommità dell’arco, sono stati trasportati nella chiesa di San Giorgio al Velabro in epoca medievale: essi ci indicano che probabilmente l’arco fosse dedicato all’imperatore Costantino o all’imperatore Costanzo II.

Photogallery
created by Web Expression X5 pro
Torna ai contenuti