S. Maria in Campitelli
i percorsi di ALR
storia architettonica di Santa Maria in Campitelli
Introduzione
Oggi molte importanti chiese romane si presentano al visitatore principalmente sotto una veste barocca; ma hanno per la maggior parte, un’origine che si perde nei secoli. Molte risalgono ai primi tempi della Chiesa in Roma, quando le prime comunità cristiane si radunavano a celebrare l'Eucarestia nella residenza di qualche convertito alla nuova fede. Questi edifici avrebbero costituito spesso il primo nucleo delle future chiese paleocristiane e medievali, che, a loro volta, sarebbero state restaurate e ricostruite nelle epoche successive. Le chiese medievali infatti sorgono quasi tutte su edifici di età romana; di essi hanno conservato qualche vestigia nei muri esterni, o nei sotterranei, o nelle fondamenta, quasi a voler testimoniare la continuità tra il mondo antico e quello medievale. S. Maria in Campitelli è una delle testimonianze giunte fino a noi della trasformazione di antiche vestigia religiose.
Storia e architettura di Santa Maria in Campitelli
L’origine della chiesa di S. Maria in Campitelli è legata ad una antica immagine mariana, molto venerata nei periodi di pestilenza. Nel 524 d. C., nel portico del palazzo di Santa Galla, una ereditiera romana che aveva deciso, dopo la morte del marito, di dedicare tutta la sua vita ai poveri, apparve la Vergine Maria. Galla, piena di stupore per l’evento si recò immediatamente nel palazzo del Laterano per avvertire il Papa Giovanni I dell’accaduto. La leggenda vuole che subito egli accorse nei pressi del portico con la curia e una moltitudine di folla che era venuta a conoscenza dei fatti e che, ammirato dinanzi a quell’evento pregò Dio perché gli mostrasse il significato di quel prodigio. Apparvero allora due angeli che depositarono nelle sue mani una preziosa icona con la quale benedisse la folla presente e immediatamente la città di Roma fu liberata da una terribile peste che l’affliggeva. Questa immagine fu dapprima conservata e venerata nell’Oratorio di Santa Galla, che si trovava vicino al Portico d’Ottavia (da qui il nome di Madonna del Portico dato all’immagine), poi in quel luogo venne edificata la chiesa di S. Maria in Portico, officiata dalla congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Questa zona della città era sempre affollata da numerosi gruppi di pellegrini, il cui afflusso continuo rendeva l’area pericolosa per la salute pubblica a causa dell’enorme sporcizia che spesso causava pestilenze. La Madonna del Portico divenne così protettrice della città nei periodi di epidemie. Nel 1618 il Cardinale Mellini, Vicario di Paolo V, concesse alla congregazione anche la piccola chiesa di S. Maria in Campitelli, in quel periodo situata presso le case dei Serlupi. Questi decisero di costruire una nuova chiesa con un convento, nell’attuale piazza Campitelli.
Pianta S. Maria in Campitelli in una stampa del Vasi del 1756
I lavori di ingrandimento della nuova chiesa iniziarono nel 1619, dopo che furono demolite alcune case nel rione, quali quelle degli Albertoni e dei Della Riccia. I lavori continuarono fino al 1648 quando apparve evidente che la chiesa non era adatta o sufficiente per le nuove esigenze di culto della vecchia confraternità. Di conseguenza questi nuovi lavori furono considerati inutili e troppo onerosi per essere portati a compimento. Nel 1656 scoppiò una nuova pestilenza, sempre per i motivi di superaffollamento e sporcizia, ed è una credenza popolare che l’immagine della Madonna del Portico abbia salvato Roma dall’epidemia, dopo essere stata portata in processione attraverso le vie di Roma. Quando la peste terminò, il Papa Alessandro VII e le autorità cittadine decisero di finanziare la costruzione di una più ampia struttura religiosa, e nel gennaio del 1662, il Papa autorizzò il ricollocamento dell’immagine della Vergine che si trovava nella chiesa di S. Maria in Portico nella chiesa di S. Maria in Campitelli.
Nel 1662 Papa Alessandro VII affidò a Carlo Rainaldi l’incarico di progettare la nuova chiesa. Il Rainaldi avviò la progettazione della chiesa e disegnò un piccolo edificio religioso a forma ovale; però, durante la sua costruzione, la congregazione dei Chierici decise di sospendere i lavori in corso perchè la chiesa progettata dal Rainaldi era molto piccola e quindi inadeguata alle nuove esigenze culturali, politiche e religiose della controriforma che richiedeva degli edifici piuttosto grandiosi e magnifici. Essi diedero pertanto l’incarico al loro consulente tecnico Giovanni Antonio De Rossi, un’altro architetto romano del Barocco, con la precisa direttiva di ingrandire la piccola chiesa. Il De Rossi trasformò la piccola chiesa ovale del Rainaldi in una di grande forma rettangolare, con un’ unica navata centrale bi-assiale. Il raddrizzamento delle pareti curve dell’ovale, in congiunzione con lo spostamento del punto focale della nuova costruzione verso l’altare maggiore, dove era collocata l’immagine della Madonna, contribuì a creare, così come accaduto in altre chiese progettate nello stesso periodo, una spettacolare e scenografica macchina barocca. La chiesa venne aperta al culto nel 1667, nonostante fosse stata terminata la sola facciata, ma la consacrazione ufficiale avvenne soltanto nel 1728.
In S. Maria in Campitelli, Carlo Rainaldi disegnò un ovale longitudinale al quale aggiunse un presbiterio circolare coperto da un cupola con una lanterna. Questo schema fu piuttosto normale ma l’articolazione fu in verità molto interessante, mostrando un ulteriore sviluppo dell’idea usata da suo padre Girolamo per la chiesa di S. Teresa e da Pietro da Cortona per la chiesa dei SS. Luca e Martina, sempre a Roma. Tutti gli elementi spaziali furono definiti da trabeazioni ovali o circolari sopportate da colonne. Allo stesso tempo, le colonne fiancheggiarono l’asse principale lungo il quale gli elementi spaziali furono organizzati. Gli elementi si toccavano l’uno con l’altro e formarono un sistema “aperto”, che che fu usato per dare maggior enfasi all’asse longitudinale, dove un cerchio intero fu aggiunto. Cerchi similari furono indicati sull’asse trasversale, ma qui essi furono ridotti a cappelle a forma di lenti. Soltanto nelle diagonali degli spazi principali furono introdotti pilastri solidi, che contennero aperture secondarie e “coretti”. Questa soluzione fu uno dei concetti più avanzati del Barocco Romano. Quando al Rainaldi subentrò Giovanni Antonio De Rossi, tutte le parti essenziali del primo progetto del Rainaldi furono mantenute, ma l’ovale della navata fu trasformato in pianta a forma rettangolare bi-assiale. Il movimento longitudinale in profondità fu, in verità, rafforzato considerevolmente e l’interno della chiesa apparve come una successione di monumentali “edicole”, e il tema delle edicole caratterizzò anche la facciata principale. Il cambiamento nella nuova filosofia sulla costruzione di questo edificio fu probabilmente determinato da un aspetto, o meglio, da una nuova richiesta dovuta ad una nuova situazione venuta a crearsi. S. Maria in Campitelli fu eretta dopo una pestilenza come una chiesa votiva e particolarmente per accogliere una Madonna miracolosa. Lo spazio architettonico, perciò, fu diretto verso l’immagine contenuta nell’abside, e le colonne furono usate in generale come un simbolo di fede, piuttosto che come membri strutturali. “Uno, perciò, non deve parlare di una illusione ottica, o come una rappresentazione di uno spazio immaginario, ma di una visualizzazione di un contenuto o di un significato ideologico, connesso direttamente con la necessità dell’ edificio di usi pratici per la devozione della Madonna”. Per la prima volta il concetto barocco di Arte come metodo di Persuasione fu applicato nell’architettura. Con le sue forme architettoniche esso fu capace di succedere nell’ottenere e produrre emozioni collettive. Se esamininato dal punto di vista di creare un sentimento di commozione e di affetto, noi troviamo che questa chiesa creò tale sentimento. La chiesa del Rainaldi/De Rossi, dunque,non rappresentò un ideale teorico, ma concretizzò una situazione individuale. La struttura dell’ 'interno della chiesa, a pianta rettangolare con volta a botte, fu composta e risulta dal compromesso tra la pianta centrale e quella longitudinale, con un primo corpo a croce greca con larghe cappelle ed un secondo che comprende cupola ed abside. Le ventiquattro colonne corinzie, costruite in un modo assolutamente magnifico, marcano scenograficamente l'articolazione spaziale della chiesa.
In S. Maria in Campitelli, Carlo Rainaldi disegnò un ovale longitudinale al quale aggiunse un presbiterio circolare coperto da un cupola con una lanterna. Questo schema fu piuttosto normale ma l’articolazione fu in verità molto interessante, mostrando un ulteriore sviluppo dell’idea usata da suo padre Girolamo per la chiesa di S. Teresa e da Pietro da Cortona per la chiesa dei SS. Luca e Martina, sempre a Roma. Tutti gli elementi spaziali furono definiti da trabeazioni ovali o circolari sopportate da colonne. Allo stesso tempo, le colonne fiancheggiarono l’asse principale lungo il quale gli elementi spaziali furono organizzati. Gli elementi si toccavano l’uno con l’altro e formarono un sistema “aperto”, che che fu usato per dare maggior enfasi all’asse longitudinale, dove un cerchio intero fu aggiunto. Cerchi similari furono indicati sull’asse trasversale, ma qui essi furono ridotti a cappelle a forma di lenti. Soltanto nelle diagonali degli spazi principali furono introdotti pilastri solidi, che contennero aperture secondarie e “coretti”. Questa soluzione fu uno dei concetti più avanzati del Barocco Romano. Quando al Rainaldi subentrò Giovanni Antonio De Rossi, tutte le parti essenziali del primo progetto del Rainaldi furono mantenute, ma l’ovale della navata fu trasformato in pianta a forma rettangolare bi-assiale. Il movimento longitudinale in profondità fu, in verità, rafforzato considerevolmente e l’interno della chiesa apparve come una successione di monumentali “edicole”, e il tema delle edicole caratterizzò anche la facciata principale. Il cambiamento nella nuova filosofia sulla costruzione di questo edificio fu probabilmente determinato da un aspetto, o meglio, da una nuova richiesta dovuta ad una nuova situazione venuta a crearsi. S. Maria in Campitelli fu eretta dopo una pestilenza come una chiesa votiva e particolarmente per accogliere una Madonna miracolosa. Lo spazio architettonico, perciò, fu diretto verso l’immagine contenuta nell’abside, e le colonne furono usate in generale come un simbolo di fede, piuttosto che come membri strutturali. “Uno, perciò, non deve parlare di una illusione ottica, o come una rappresentazione di uno spazio immaginario, ma di una visualizzazione di un contenuto o di un significato ideologico, connesso direttamente con la necessità dell’ edificio di usi pratici per la devozione della Madonna”. Per la prima volta il concetto barocco di Arte come metodo di Persuasione fu applicato nell’architettura. Con le sue forme architettoniche esso fu capace di succedere nell’ottenere e produrre emozioni collettive. Se esamininato dal punto di vista di creare un sentimento di commozione e di affetto, noi troviamo che questa chiesa creò tale sentimento. La chiesa del Rainaldi/De Rossi, dunque,non rappresentò un ideale teorico, ma concretizzò una situazione individuale. La struttura dell’ 'interno della chiesa, a pianta rettangolare con volta a botte, fu composta e risulta dal compromesso tra la pianta centrale e quella longitudinale, con un primo corpo a croce greca con larghe cappelle ed un secondo che comprende cupola ed abside. Le ventiquattro colonne corinzie, costruite in un modo assolutamente magnifico, marcano scenograficamente l'articolazione spaziale della chiesa.
Disegno schematico originario della chiesa di Carlo Rainaldi, aggiornato da A.L.R. nel 2009
Pianta originaria della chiesa di Carlo Rainaldi, aggiornata da A.L.R. nel 2009
Pianta della nuova chiesa di Giovanni Antonio De Rossi,(composta da Ferraironi),aggiornata da A.L.R. nel 2009
la facciata e la cupola
La facciata è altrettanto interessante e mostra uno schermo di due piani di colonne in fronte alla parete, indicando così la trasparenza dello spazio generale del progetto. Essa fu resa plastica dalla disposizione delle colonne. Di travertino, ad edicole sovrapposte, è dominata da forti linee verticali di luci ed ombre. La grandiosità dell’edicola della facciata è stata ottenuta dall’effetto combinato delle sue estensioni verticali attraverso due piani uguali, che raggiungono il complesso frontone sopra il piano superiore, e i suoi limiti per una espansione orizzontale. Le volte, ad esempio, sono state ridotte a semplici nastri e la facciata non contiene di nicchie, figure, sculture e rilievi ornamentali. La parete fu lasciata molto semplice e piuttosto piatta, e gli elementi dominanti sono la grandissima e severa scala umana e la qualità monumentale dell’ordine delle colonne, lasciate indipendenti e non collegate alla parete, come era solito farsi in quel periodo. La facciata di S. Maria in Campitelli esemplifica il Barocco classico del Rainaldi nel 1660, un poderoso, non-imbellito stile scultoreo fondato su forme molto potenti, con molte colonne, con pronunciato verticalismo, e con proporzioni massive.
particolari della faciata
la cupola
l'interno
L'interno, a pianta rettangolare con volta a botte, presenta un primo corpo a croce greca ed un secondo più ristretto, con cupola ed abside. All'inizio della navata a destra è situato il battistero con due tabernacoli del 1400. Nella prima cappella a destra "S. Michele" di Sebastiano Conca, nella seconda "S. Anna, Gioacchino e Maria" di Luca Giordano mentre gli angeli sono di Michel Maille, Francesco Cavallini e Francesco Baratta. Nella crociera destra è collocato il monumento funerario del Cardinal Bartolomeo Pacca scolpito da Ferdinando Pettrich. L"altare maggiore, disegnato da Rainaldi, fu realizzato da Antonio De Rossi, Ercole Ferrata e Giovanni Paolo Schor. Al centro l'immagine di S. Maria in Portico Campitelli. Nella terza cappella a sinistra "Conversione di S.Paolo" di Ludovico Gimignani, nella prima "Sacra Famiglia e Beata Ludovica Albertoni" di Lorenzo Ottoni. A destra il sepolcro di Vittoria Altieri Parabianchi di Giacomo Antonio Lavaggi, a sinistra il monumento funebre di Angelo Altieri scolpito da Giuseppe Mazzuoli.
Altare e tabernacolo
volta
interno della Cupola
S. Michele
Santi Gioacchino, Anna e Maria
Conversione di S. Paolo
conclusioni
Ho cercato di spiegare come il tradizionale schema longitudinale e centralizzato fu trasformato in questo periodo dal Rainaldi e dal De Rossi, per conseguire il desiderio barocco per una sintesi tale da integrare l’edificio ecclesiastico in una ideologia generale e in un concetto contestuale fondamentale. Una vera e reale sistemazione, comunque, fu raramente conseguita od ottenuta da questi due architetti. Per “sistemazione”, noi intendiamo principalmente un metodo di organizzazione spaziale che permette la soluzione di compiti precisi entro lo scopo generale della integrazione formale e della accentuazione persuasiva. S. Maria in Campitelli rappresenta modifiche o combinazioni di tipi ed elementi tradizionali. Alcune di queste combinazioni, comunque, ebbero una particolare importanza nell’architettura sacra del diciottesimo secolo, quale l’introduzione di una “rotonda” proprio al centro dell’organismo longitudinale (vedi S. Carlo ai Catinari ed altre chiese), l’attivazione dello spazio degli assi diagonali in una chiesa a volte incrociate (vedi Val-de-Grace), la successione di due unità centralizzate(vedi S. Giuseppe in Milano), la centralizzazione dello spazio longitudinale per mezzo della doppia bi-assualità (vedi S. Teresa, Caprarola). Inoltre, noi troviamo alcuni tentativi di sviluppare un metodo di organizzazione spaziale più generale soprattutto nelle interpretazioni di Francois Mansart, e il suggerimento di un “gruppo” aperto nel primo progetto di S. Maria in Campitelli del Rainaldi. Uno di una importanza più generale fu il classicismo del barocco berniniano che puntò alla definizione di un carattere dominante, e l’organico dinamismo e la relazione complementare fra l’interno e l’esterno conseguito da Pietro da Cortona,soprattutto nella chiesa dei SS. Luca e Martina (vedi la mia descrittiva in questo stesso sito). Da uno studio di varie chiese a Roma, è evidente che l’architettura romana del XVII secolo fu piena di avvicinamenti al “classicismo” , sia dalle reverenti ma vivaci re-interpretazioni del Bernini che all’imperioso monumentalismo del Rainaldi. Comunque, il fatto che moltissimi architetti del XVII secolo furono impegnati nella costruzione di moltissime e grandissime chiese, non tutte degne di essere menzionate, essi diedero a Roma il suo prettamente inconfondibile carattere barocco.
Alessandro La Rocca - 2009
l'indirizzo mail di Alessandro La Rocca è: ACALAMOSCA@verizon.net